Ieri sera, mentre andavo al lavoro, mi sono ritrovata in un turbinio indistraibile di pensieri che si ripetevano ancora e ancora, senza sosta.
Un uragano di immagini e ricordi così fitto e violento da non poter essere forzato in alcun punto. Per quanto mi fermassi, scuotessi la testa e cercassi il modo di introdurre qualcos’altro nella mia testolina affollata, non ci riuscivo. E mi sentivo come Doroty ne Mago di Oz: trascinata dal tornado, suo malgrado, in un mondo tremendo e spaventoso frutto della sua stessa immaginazione.
La scena che mi si ripeteva ossessivamente in mente era questa:
Una sera come tante al locale dove lavoro, un cliente come tanti che parla con la mia titolare, Pistacchia. Discutono, ed anche se mantengono toni calmi, rispettosi e amichevoli, sono in disaccordo. L’argomento è l’oppressione delle donne, il maschilismo. Pistacchia difende le ragioni femministe mentre il suo interlocutore cerca di nascondere la sua misoginia iniziando ogni frase con: “non dico che le donne abbiano una vita facile però…“.
E fino a qui, è una scena che ho visto mille milioni di volte e da cui mi sono allontanata altrettante per evitare di esplodere in maniera assolutamente non appropriata.
Nella mia ricostruzione di ieri sera, invece, ad un certo punto l’uomo-cliente dice: “si, ma gli uomini non sono tutti così“.
Ed è la frase che mi fa scattare in avanti come uno di quei conigli per le corse dei levrieri, alla velocità della luce.
Dico: “va bene, facciamo un gioco. Si chiama: ti è mai capitato?”
Ti è mai capitato di tornare a casa la sera, appena adolescente, e dover correre per l’ultimo tratto di strada perché ti sei accorto che i passi dell’uomo dietro di te, che ti sta seguendo da quando sei sceso dell’autobus, si stanno facendo sempre più veloci, per raggiungerti?
Ti è mai capitato, mentre andavi a scuola alle 7.30 del mattino, che poco prima che le porte del bus si aprissero per farti scendere uno sconosciuto ti abbia afferrato con prepotenza il cavallo dei pantaloni, e abbia stretto così forte la mano che hai sentito le sue dita premere contro i tuoi genitali nonostante i 3 strati di vestiti che ti proteggevano dal freddo invernale? E che altre cento volte, sullo stesso autobus, tu ti sia accorto solo dopo qualche minuto che l’anziano signore in piedi di fianco a te aveva appoggiato la sua debole erezione sul tuo fianco o sul tuo sedere?
É mai capitato che all’uscita di una discoteca un gruppo di 3/4 ragazzi abbia provato a spingerti nella loro auto nonostante tu avessi chiaramente rifiutato l’invito?
Ti è mai capitato che il tuo collega all’università, con cui non avevi alcun tipo di rapporto, ti chiedesse gli appunti di una certa materia e dopo averli ricevuti continuasse a scriverti messaggi sempre più espliciti, anche se tu avevi chiaramente già detto di non essere interessato, fino a mandarti un video in accappatoio dove si intravedeva la sua nudità e dove chiedeva con gli occhi dolci un “aiuto per rilassarsi?”.
Ti è mai capitato, durante un rapporto, che il dolore fosse così forte da impedirti di respirare, e dopo aver chiesto gentilmente al tuo partner di smettere non solo non sei stato ascoltato, ma alla fine di tutto mentre le lacrime ti solcavano le guance, ti hanno detto che il problema eri tu, non era mai successo con nessun altro, ed era solo un problema tuo che non ti fosse piaciuto?
Ti è mai capitato di aver stretto un’amicizia così forte da sentire di poter raccontare ogni cosa di te, un sentimento di piena comprensione e vicinanza, un legame che ti sembrava indistruttibile; di aver raccontato a quella persona aspetti di te stesso che a malapena ti ammettevi, di aver pianto sulle sue spalle, di aver mostrato ogni tua fragilità.. e dopo qualche tempo l’altro abbia cominciato a dirti che se non facevi sesso con lui il vostro rapporto non era autentico, non gli volevi bene davvero, non eri un vero amico?
Oppure ti è mai capitato che durante una fellazio ti spingessero così tanto la testa in basso, nonostante la tua resistenza, da rischiare di soffocarti con un conato di vomito?
O che un gruppo di cinque uomini grossi come palazzi ti bloccasse in mezzo alla strada, in pieno giorno, nel centro della tua città, infilandoti le mani sotto la maglietta, e nonostante le tua proteste e le tue urla nessuno si voltasse a guardare?
Perché a me sì. A tutte le mie amiche, si.”
Ecco, il mio sermone immaginario si chiudeva così. E questo lungo elenco di esperienze terrificanti si allungava ogni volta che ripetevo l’immagine, facendo montare dentro di me una rabbia sempre più cieca.
Non so perché proprio ieri sera la mia mente sia stata occupata da questo immaginario tremendo, forse perché la mattina ho ascoltato la rassegna delle notizie giornaliere del Post, che si apriva con l’esperienza di quella povera donna che in ospedale ha soffocato suo figlio di tre giorni addormentandosi stremata dopo il parto, e con tutta una serie di racconti dell’orrore sulla violenza ostetrica, l’abbandono, l’odio, la noncuranza.
Non lo so..
Però sono abbastanza certa di una cosa: se gli uomini vivessero solo la metà della violenza con cui noi abbiamo a che fare ogni giorno della nostra vita, la metà delle umiliazioni, delle ingiustizie, delle forzature.. non credo sopravvivrebbero.
Lascia un commento