Un paio di settimane fa ero con Greta Sgarbo e Coso a pranzo, poco prima di andare a tatuarmi.
Tra un morso di pizzetta e l’altro, Coso ha cominciato a prendermi in giro sostenendo che ormai il mio telefono fosse da buttare, che avrei dovuto comprarne uno nuovo, che sia incomprensibile il motivo per cui io mi ostini a tenerlo in vita quando evidentemente il suo unico desiderio è morire circondato da suoi simili in una discarica per rifiuti tecnologici di Era.
Io ribattevo con motivazioni molteplici e valide:
1) Il mio telefono funziona ancora. Si, è un po’ rallentato e ha preso così tante botte che il vetro che riveste la fotocamera si è spaccato, l’obbiettivo si è impolverato con il tempo e questo mi impedisce di fotografare le cose (il che però sarebbe davvero problematico solo se fossi una fotografa, e non lo sono).
2) Proprio in virtù del fatto che funziona ancora, appena un paio di mesi fa ho deciso di spendere ben 55 euro per sostituire lo schermo che aveva subito alcuni danni strutturali veramente invadenti. 55 Euro che mi rifiuto di buttare via, anche se la settimana dopo la riparazione, mentre con mia madre camminavamo fra le stradine di Dozza, il mio cellulare ha tentato per l’ennesima volta il suicidio lanciandosi sulla ruvida ghiaia, sfuggendo dalle mie mani come un’anguilla scivolosa e viscida.
Ovviamente lo schermo nuovo si è crepato, perché il ghiaino maledetto si è insinuato nell’unico punto non protetto dal vetrino che avevo fatto prudentemente applicare.
La solita fortuna.
3) L’eventuale nuovo telefono andrebbe pagato con i miei (pochi) soldi, e quando si tratta di spenderli vengo sempre percorsa da un brivido lungo la schiena che mi porta ad arricciarmi su me stessa ritraendo improvvisamente le braccia e finendo per somigliare ad un t-rex (si, è per dire che sono un po’ un braccino corto, come si dice in Emilia). Questo non vale per tutte le spese, solo per quelle che riguardano me stessa. Finché qualcosa non mi è assolutamente necessario, io ne faccio volentieri a meno. Non so bene per quale motivo, spendere per le cose futili degli altri mi sembra una cosa dolce, farlo per me stessa mi sembra una cosa stupida.
Inoltre quel giorno avrei dovuto pagare 350 Euro al mio tatuatore, cosa che nel mio caso comporta l’ictus immediato. Era un pessimo momento per prendere in considerazione la fuoriuscita di ulteriori finanze.
Mentre procedevo con la mia eloquente dissertazione, Greta Sgarbo ha alzato lo sguardo dalla sua bufalina piantandolo dritto verso i miei occhi, e mi ha detto:
Non voglio essere cattiva, ma sembri tua madre con quella cazzo di lavatrice.
Contestualizziamo:
Due o Tre anni fa la lavatrice di casa mia si è rotta. È stato un processo graduale, prima si limitava a rumori sinistri, poi ha cominciato a non scaricare l’acqua del lavaggio, poi ancora si è aggiunto al suono anche un poco rassicurante odore di bruciato.
È passato un anno intero prima che convincessi mia madre a cambiarla. Un anno in cui io ero praticamente la sola a fare le lavatrici, visto che tra lavoro, vacanze, permanenze a casa del suo compagno Sharingan, i lavori di casa spettavano principalmente a me. Un anno intero in cui non solo i vestiti non venivano mai puliti, ma a lavaggio finito risultavano completamente inzuppati di acqua melmosa e puzzolente. Un anno in cui nonostante la lavatrice insistesse a sostenere che il lavaggio fosse finito non mi consentiva di aprire il cestello perché non riusciva a scaricare l’acqua, facendo rimanere i vestiti bagnati ad ammuffire gli uni sugli altri.
UN INCUBO.
Ho usato questa metafora della lavatrice per descrivere l’attitudine parsimoniosa ed al limite del miserabile di mia madre, per anni.
Ma hai lavorato quarant’anni della tua vita, vorrai davvero non spendere 500 euro per una cazzo di lavatrice nuova?
L’ho presa in giro con tutti i miei amici, con il mio ragazzo, con mio fratello, con mio Padre.
…Ed ora sono lei.
Quello schiaffo in faccia di Greta Sgarbo mi ha aperto gli occhi su una dura verità. Davvero non importa quanto proviamo a scappare, i nostri modelli ci penetrano dentro come marchi indelebili, non se ne vanno, non c’è nulla da fare.
Perché si, mi sta sul cazzo comprare il cellulare nuovo e non solo. Penso che sia uno spreco, che non sia eticamente corretto, che sia cedere al consumismo come fanno tutti e che sia un mio imperativo morale resistere all’avanzata del capitalismo gretto che ormai ci circonda in modo che sia impossibile sfuggirgli.
Cazzo. Sono proprio mia madre.
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