Per chi vivesse fuori dal mondo e non conoscesse questo modo di dire terribilmente americano: con “elefante nella stanza” si intende solitamente una problematica, una questione, un argomento che andrebbe sviscerato ma che, per una ragione o per l’altra, non si sviscera mai, rendendo l’ambiente intriso di un sottile imbarazzo di cui, comunque, non si può parlare.
Ora, il mio elefante nella stanza riguarda il motivo per cui ho cominciato a scrivere qua sopra qualche ora fa. Si, ho scritto un articolo in cui parlavo delle proprietà benefiche della scrittura ma si sa, nelle presentazioni tutti mentiamo sperando di fare bella figura. La verità è che cerco, principalmente, una valvola di sfogo. Un po’ perché, che se ne dica, avere vent’anni adesso è davvero una gran merda, ma principalmente a causa del tarlo che mi mangia la testa da ormai quattro anni a questa parte: la bulimia.
Che paura che fa, messa per iscritto: bulimia. Per rassicurare me stessa e il pubblico vi è da dire che non è un disturbo alimentare scenico e dalla gravità assoluta. Io tutto sommato riesco a funzionare senza grossi problemi. Non vomito ciò che mangio e non sono così magra da preoccupare chi mi guarda. Il mio meccanismo di compensazione è l’attività fisica e talvolta il digiuno, anche se più raramente.
Da qualche mese mi sono rivolta ad centro per i disturbi alimentari della mia città e ho iniziato un percorso con una equipe specializzata. Ovviamente i tempi della sanità pubblica sono molto lunghi, ma è comunque meglio di niente. Inoltre vedo una psicologa (privata) una volta a settimana.
Negli ultimi mesi le abbuffate, nel senso stretto del termine (ingurgitare una grande quantità di cibo in un lasso di tempo ristretto, con annessa sensazione di non avere il controllo su ciò che si sta facendo) si sono fatte molto più rade, eppure, a me sembra di essere sempre nello stesso, identico, punto. Negli ultimi quattro anni è stato un circolo continuo di dieta, conteggio calorico ossessivo, meccanismi di restrizione, e momenti di maggiore libertà concessa. Poi quando capisco di aver preso un kilo, due o tre, di nuovo dieta, sforzi fisici sovrumani e digiuni.
Nella mia esperienza la parte peggiore, ancor più problematica del disgusto verso me stessa, verso il mio corpo o quelli che reputo “difetti” fisici, è proprio la gestione del rapporto col cibo. Io sono terrorizzata dal non riuscire a gestire la fame, la quantità di cibo che mangio, dall’idea di mangiare troppo e di conseguenza, ingrassare. Terrorizzata quando mangio qualcosa di cui non conosco le calorie, le grammature, dall’avere in casa cibi che possono portare ad abbuffarmi perchè se ne mangio un pezzo so che finirò per ingurgitare tutto il resto. Penso continuamente a cosa posso o non posso mangiare, a cosa posso o non posso cucinare o comprare quando vado a fare la spesa. Non riesco mai a comprendere se ho fame, se non ce l’ho, non riesco a smettere di mangiare quando non ho più fame, se qualcosa è rimasto nel piatto. Ho quasi sempre questa sensazione di vuoto allo stomaco, anche quando sono tanto piena da non riuscire a mangiare altro. Se faccio un pasto “normale”, non sono mai soddisfatta di ciò che ho mangiato e comincio a pensare ossessivamente, quasi senza scampo, di mangiare altro, tutto quello che mi capita sotto mano, di riempirmi lo stomaco fino a farmi venire la nausea o addirittura vomitare.
E’ un’ossessione. Sono indistraibile, non importa ciò che faccio, se leggo, se scrivo, se guardo un film. I miei pensieri si ritroveranno inevitabilmente lì, in quel punto. Ed è uno sforzo inimmaginabile, che davvero non si riesce a spiegare neanche con tutte le parole al mondo, riuscire a non cedere alle abbuffate, razionalizzare, non sforzarsi fino a collassare per terra, anche resistere all’impulso di indursi il vomito (perchè si, non lo faccio, ma ciò non vuol dire che non ci pensi in continuazione). Riuscire a scacciare il senso di colpa che segue ogni volta che si mangia. Ogni volta, non importa che cosa si sia mangiato. E’ come avere una voce che ti sussurra all’orecchio continuamente, ogni giorno, ad ogni ora, in ogni minuto della tua vita.
Non sei mai solo, mai senza pensieri.
Estenuante.
Lascia un commento